sabato, ottobre 10, 2015

Un giorno insieme

L'anno che lentamente sta per finire è stato molto caldo. Molti si lamentavano, ma a me il caldo piace. Mi dà una sensazione di libertà; ti vesti poco, sei più vicino allo tuo stato naturale. Siamo in ottobre e il clima è ancora piacevole. Per festeggiare questa estate prolungata ho invitato giovedì scorso la mia consorte per accompagnarmi al mio abituale pranzo. Spesso, diciamo due volte a settimana, vado in un ristorante Giapponese, gestito dai cinesi. Sembra che ultimamente questo tipo di ristoranti crescono come i funghi dopo la pioggia. Fino allo scorso autunno era una trattoria italo cinese che per pranzo offriva il menù italiano, a scelta tra 4 primi, 4 secondi e 7 contorni, ad un prezzo di 7 euro, e si potevano ordinare anche i soliti piatti cinesi ad un prezzo molto contenuto. C'era anche la pizza. A me sembrava che l'affare andasse a gonfie vele; spesso nell'ora del pasto facevo fatica a trovare un posto libero.

Ma loro, gli stessi gestori, cioè cinesi, hanno ristrutturato l'ambiente in stile giapponese ed hanno cambiato il nome. Il menù italiano c'è ancora, allo stesso prezzo, ma la pizza è sparita e il cibo cinese è stato sostituito da quello del Sol Levante con il sistema "all you can eat" a 9 euro. Mia moglie è una grande amante e buona conoscitrice della cucina giapponese; ha provato quasi tutti i ristoranti di Milano. E così volevo che lei desse anche un giudizio su questo "mio". Inoltre, quel giorno aveva nel pomeriggio l'appuntamento dal parrucchiere che si trova in zona e di sera andavamo insieme a teatro. L'invito era anche un'occasione per passare una giornata lavorativa insieme. Ci siamo seduti e quando volevamo ordinare vari sushi, sashimi e maki, la cameriera ci ha informati che non c'era più riso. Maledizione, non è mai successo e doveva capitare proprio quel giorno. Ho protestato un po', ma alla fine ci siamo comunque arrangiati con cibi fatti senza riso: udon yaki (la pasta di riso), sashimi, gamberetti alla griglia, tempura mista e l'inevitabile miso. Il giudizio alla fine era positivo, sottolineando che c'entra anche il prezzo basso, ma sulla tempura il commento era: "non c'entra niente con quella vera".

Ci siamo ritrovati qualche ora dopo in un bar vicino a teatro per un happy hour. Seduti fuori, godevamo del mite clima di ottobre. Con un cocktail ordinato, a quell'ora ti portano anche un taglierino con salumi, mozzarelle e altre cose, tutte molto buone. Dopo un pranzo abbondante, più che sufficiente per una cena leggera prima di immergersi in uno spettacolo teatrale (a stomaco troppo pieno spesso mi viene sonno). Il conto pagato e via allo spettacolo. Ci siamo seduti e ho iniziato a sfogliare il depliant sullo spettacolo al quale tra un po' assisteremo. Non ne sapevo niente tranne che il regista è molto famoso. Si tratta di Robert Wilson e il pezzo era Odyssey, cioè la storia di Ulisse del poema epico di Omero. Particolarità: gli attori sono greci e parlano in greco, quello nuovo, non antico – qui mi cambia poco. Visto che il testo ha un significato in questa storia, c'era un panello digitale dove scorrevano i sopratitoli (il panello si trovava sopra il palcoscenico). "Speriamo bene", mi sono detto prima dell'inizio. Avevamo dei posti abbastanza vicini e un po' sul lato, ed alzando un po' la testa si potevano seguire gli avvenimenti sul palcoscenico e le scritte sul pannello. Questa volta, i posti migliori non erano quelli di prima fila e questo ha spiegato il mio stupore quando ho visto che il posti sulla balconata costano di più rispetto alle prime file.

Robert Wilson è uno di una certa fama, così mi hanno spiegato, anche se io non avevo mai sentito parlare di lui, ma io non sono uno che di teatro non capisce molto. Gli spettacoli, che ogni tanto vado a vedere, o mi piacciono oppure no. E questo mi è piaciuto parecchio. Wilson non è soltanto il regista ma ha curata la scenografia e l'illuminazione. Quest'ultima l'ho trovata stupenda. Molte scene in controluce, con una parete posteriore illuminate, hanno dato tanto patos. Ma anche i dialoghi ed i canti, anche se non si capiva niente, errano molto piacevoli, ritmici, e mi permetto di dire, così li ho sentito almeno io, mantrici. La storia ben conosciuta, raccontata con i salti temporali in un modo diverso, un po' in vecchia maniera, anni 30 un po' stile cartoni animati, con tanti leitmotiv che seguivano i personaggi, alcuni di loro molto simpatici, altri buffi. Una bella giornata passata insieme.